domenica 22 aprile 2012

CONCORSO FOTOGRAFICO “PASSI NELLA NOTTE” – VOTA ANCHE TU

E’ stato pubblicato sul social network Facebook l’album contenente le foto in gara per il concorso fotografico “Passi nella notte” sul tema Settimana Santa 2012. Al termine delle votazione vincerà la foto che avrà ottenuto più “mi piace” ovviamente se rispetterà il regolamento del concorso.

Se vuoi votare anche tu le tue foto preferite fra le 40 attualmente in gara CLICCA QUI e ti ritroverai sull’album di facebook, ti ricordo che per votare devi essere tra gli amici su FB della Pro Loco di Piano, se non lo sei ancora niente paura basta chiedere e verrai accolto a braccia aperte. Allora non esitare, ti aspettiamo.

mercoledì 4 aprile 2012

5 e 6 APRILE–LA NOSTRA PASQUA

471304_295381097199436_100001826450632_642307_1729822735_oCi siamo, tra poche ore si accenderanno i primi lampioni dell’Annunziata, le loro fioche e tremolanti fiammelle ci annunceranno che ha inizio la nostra Pasqua, luci che a stento si fanno spazio nella luce del crepuscolo che prelude alla Notte più bella, importante, suggestiva dell’anno, la Notte del Venerdì Santo. Chi non è della Penisola Sorrentina è pregato di non continuare a leggere questo post, sprecherebbe il suo tempo, tanto non puo’ capire, se continua nella lettura lo fa è a suo rischio e pericolo.

Tra poche ore, dicevo, per tutti noi si accenderà la straordinaria macchina del tempo che sono i Riti della Settimana Santa, ci ritroveremo tutti puntuali ad appuntamenti che nessuno ha dato ma che devono essere rispettati, dalle 19 di Giovedì sino alla tarda serata di Venerdì saremo tutti immersi nella nostra storia, tutto passerà in secondo piano, saremo lì incappucciati o nei cori o ai bordi delle strade per vivere tutti insieme, come una famiglia, le emozioni che i nostri avi vissero e che ci hanno tramandato dal fondo dei secoli. Al risuonare dei tamburi, alle note del “calvario” o del “miserere” ognuno di noi riaprirà le scatoline dei ricordi, ci rivedremo bambini per strada mano nella mano con nostro padre che pazientemente ci spiegava ogni martirio, ci rivedremo assonati nel cuore della notte sul sagrato della chiesa ad attendere che la processione prendesse il via. Ecco la vera forza delle processioni sta nel loro essere le nostre radici, la nostra storia, una forza immensa e da secoli quei due giorni sono i loro giorni, sono i giorni degli incappucciati, sono i giorni della nostra memoria, gli altri appuntamenti verranno giustamente ignorati, troppo importante è dedicarci all’evento per eccellenza di tutto l’anno, dedicarci a loro, ai nostri incappucciati. Oggi come cento, duecento, trecento, quattrocento anni fa, scorgeremo le loro ombre proiettate su un antico portale o su un muro di tufo, oggi come allora ascolteremo nel silenzio della notte il lontano riecheggiare dei tamburi o del miserere. Saremo lì, come lo è stato nostro nonno o il nostro bisnonno, con il sacco ed il cappuccio o ad attenderli per le vie. Qualsiasi carottese che in queste magiche, indimenticabile, straordinarie 24 ore si trovasse altrove sarebbe sicuramente nel posto sbagliato, la sera del Giovedì vi invito ad essere all’uscita dell’Annunziata e non in qualche bar, la storia non sarà in quel bar, la Storia è dove sono gli incappucciati. La notte Venerdì accompagnamo la Madonna in cerca del suo Figlio, dall’uscita sino al suo rientro all’alba, solo così riusciremo a ricercare e trovare le nostre radici, il nostro essere comunità, il nostro essere carottesi. La sera del Venerdì col mesto corteo del Cristo morto si compie anche la nostra Pasqua, allo spegnersi dell’ultimo lampione già il nostro pensiero andrà alla nostra Pasqua 2013, al 28 marzo 2013….. come dite lettori di Napoli, Roma, Castellammare, la Pasqua 2013 cade il 31 marzo??? Lo vedete io vi avevo avvisato….. voi non potete capire!!! Buon Venerdì di Parasceve a tutti!

domenica 25 marzo 2012

sabato 24 marzo 2012

SETTIMANA SANTA 2012 – L’OPUSCOLO

Ecco l’opuscolo della Settimana Santa 2012 in versione sfogliabile, dedicato soprattutto ai tantissimi carottesi fisicamente lontani dalla nostra terra ma che col cuore sono rimasti qui con noi e, soprattutto il giovedì e venerdì santo, sentono forte il richiamo delle tradizioni.

Per loro stiamo preparando anche una bella sorpresa, stiamo lavorando per poter trasmettere in DIRETTA STREAMING le processioni del Venerdì sera, certo la qualità non sarà eccellente ma almeno potranno vivere in diretta l’evento più importante che si svolge qui nella loro Piano di Sorrento. Quindi, se tutto va bene, appuntamento per Venerdì sera su queste pagine per le

PROCESSIONI IN DIRETTA

mercoledì 21 marzo 2012

Giovedì Santo 2012: μάρτυρες

La Processione Bianca del Giovedì Santo a Piano di Sorrento (NA): un rito che si ripete da oltre 400 anni. Un misto di fede e tradizione, una testimonianza di fede di un popolo.

MISERERE – dall’opuscolo 1998

Il passaggio dall'”Inno" al "Miserere" segnò l'inizio della mia adolescenza con la fatica di memorizzare il testo latino senza capire nulla, con il pericolo di dividere le sillabe senza senso. Fu una conquista, un passaggio di status, una promozione, un avanzamento di carriera essere ammesso nel coro: "Non sono più un bambino! Sono grande ormai!" mi dissi, a quindici anni, varcando la soglia della mia Confraternita. Non sapevo neppure di cantare un Salmo e tanto meno un "salmo penitenziale", non conoscevo Davide con la sua storia, per me il Miserere era un motivo. Lo sentivo nell'aria venire puntuale con la primavera, fioriva con le fresie sul muro tufaceo del giardino del nonno o sorgeva dal mare con quell'odore strano di febbraio?

Non so, ma ricordo che era solo un motivo grave sulla bocca dei grandi, triste negli occhi degli anziani del coro che lo cantavano da cinquant'anni, solenne sulle labbra di mio padre che non mi vide o fece finta di non vedermi quell'anno in cui varcai la soglia dell'adolescenza entrando a far parte del Miserere. Quell'anno, e per molto tempo ancora, per me fu solo un motivo un pò triste nelle stanze di un cuore ancora vergine e ignaro dell'amore e del dolore.

"Et malum coram te feci", dai meandri della memoria insieme ai conati di vomito, tra i fumi del vino chi mi suggerì questa frase? Il mozzo che cercava di soccorrermi o la mia coscienza, nonostante tutto, ancora desta? Non so. Ricordo che ero sul ponte, a Monbasa, la notte del mio ventiquattresimo compleanno. Solo qualche ora prima mi ero lasciato trascinare in un locale equivoco lasciandovi una manciata di dollari e la mia ingenuità. "Ho fatto il male davanti a Te!": l'espressione del Miserere mi fece compagnia e mi torturò tutta la notte e non voleva andar via come il profumo di quella donna sulla mia pelle e l'amarezza degli ideali traditi nel mio cuore.

Da allora anni, decenni di arrivi e di partenze, volti, porti, tempeste sul mare, tempeste nel cuore. Eppure ogni anno, dovunque mi trovavo, pur con la confusione degli emisferi e delle costellazioni, la Settimana Santa mi richiamava a casa con i suoi rituali, i suoi profumi, le sue rappresentazioni. La veste mi veniva gentilmente recapitata a domicilio perché tutti sapevano che il mio posto nel coro non sarebbe stato vuoto ed io, con le referenze godute in Compagnia, giungevo puntuale anche dall'America del Sud o dal Nord Europa. "Purificami con issòpo e sarò mondato; lavami e sarò più bianco della neve": di anno in anno sentivo che Dio aveva bisogno per me di una dose più abbondante di issòpo.

"Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe" questo passaggio del Miserere mi venne incontro a cinquant'anni quando percepii per la prima volta che Dio mi fissava ed io ero nudo davanti a Lui senza possibilità di nascondermi. La giovane moglie del Primo Ufficiale, mio amico, era venuta a rompere la tremenda monotonia della vita a bordo ed era bellissima. Dimenticai il mio ruolo di Capitano e di amico, di marito e di padre, di credente e di confratello.

Accadde tutto in una notte di mare grosso: il mio amico Primo Ufficiale, dopo aver scoperto vuota la sua cabina, scomparve tra i flutti neri del mare di Guascogna. Cercai di dimenticare. Quell'anno il parroco fece precedere l'ultima prova del Miserere da un momento di riflessione. Fu allora che venni a sapere di Davide, della sua passione per Betzabea, di Urìa, dell'omicidio. Man mano che il parroco parlava, mi inseguivano le immagini, i paralleli, le coincidenze. Quando giunse alla narrazione del profeta Natan che va da Davide, mi attraversò un fremito nella schiena, fissandomi mi puntò l'indice contro e gridò: "Tu sei quell'uomo!".

"Amplius lava me ab iniquitate mea, et a peccato meo munda me...". "Il Capitano è rauco stasera?", "Ecce enim in iniquitatibus conceptus sum, et in peccatis concepii me mater mea...", "Non si sente la voce del Capitano!", "Domine labia mea aperiès, et os meum annuntiabit laudem tuam", ma la mia bocca restava serrata nonostante crescesse il brusio tra una strofa e l'altra. Ma io non sentivo che il pianto di Davide e la processione cui partecipavo da decenni mi si apriva in una inedita, coinvolgente versione. Sul catafalco, tra i lampioni, non c'era la solita statua del Cristo morto, ma, tra le lacrime, vi vedevo disteso il corpo esangue di Angelo che io avevo tradito e perduto. Anch'egli doveva avere non più di trent'anni. E, voltandomi indietro per sfuggire all'orrenda visione, incrociai lo sguardo di sua madre in gramaglie, pallida e addolorata come la statua della Vergine. Davide e Giuda si rimescolavano nel mio sangue impedendomi di avere una netta coscienza di me. Caino e Pilato mi chiamavano dai meandri della storia impastando la loro alla mia grande amarezza.

"Sacrificium Deo spiritus contribulatus, cor contritum et humiliatum Deus non despicies.". "Non despicies", l'ultima frase della strofa restava impigliata nella memoria come la luna in quel noce che svettava alto come una croce oltre il muro di un giardino. "Tu, Dio, non disprezzi un cuore affranto e umiliato","Non despicies", ripetevo come un demente in preda a una crisi, non vedevo altro che il mio male e lo sguardo di Dio che non mi disprezzava. Gridavo e piangevo: "Non despicies!”, "Non despicies". I coristi alzarono la voce per coprire il mio gridare, per far rientrare il Capitano che sembrava fuori di sé, ma io, barcollando, puntai dritto verso il parroco e affondai il volto sulla sua zimarra chiedendo pace per un cuore affranto e umiliato. La mia confessione, forse, la ascoltarono in tanti, certamente il priore e i due assistenti; man mano che raccontavo mi pacificavo come liberato da un demone. Non tomai al mio posto, restai accanto al priore e ai due assistenti; dopo l'assoluzione il parroco continuò a tenermi per mano fino alla fine della processione. Rientrai in chiesa così, portato per mano, senza vergogna, come quei bambini, confratelli in miniatura, che dopo qualche tratto di processione, fanno i capricci e vengono portati dai cerimonieri dai loro papà e, mano nella mano, trascinandosi, vengono avanti piangendo.

Sono passati dieci anni da allora. Dieci anni di grazia. I più belli e sereni della mia povera vita. "Come sei cambiato!" - mi dicono in tanti. "E' stato il Miserere!" amo rispondere. Anche quest'anno, più attesa che mai, mi è stata recapitata la veste. "Sarà per l'ultima volta!" ho detto a mia moglie. Quando il medico di famiglia, con fare circospetto e imbarazzato, mi portò l'esito della biopsia ebbe un calo di voce nel pronunciare la mia condanna: "carcinoma". "Miserere mei Deus, secundum magnam misericordiam tuam" fu la mia risposta immediata e serena. Da due anni, tra referti e medicine, chemio e cobaltoterapie, mi sono abituato a riposare sulla prima battuta del Miserere e trovo particolare pace in quel "magnam misericordiam", "grande amore" che mi appare un'uscita di sicurezza dal tunnel della mia precaria condizione. "Secundum magnam misericordiam tuam": se ha perdonato a Davide, a Pietro e a Giuda - mi ripeto - ci sarà perdono anche per me. Gesù è morto anche per il Capitano! Ai priori e ai cerimonieri voglio raccomandare, prima di partire: cambiate quello che volete nelle processioni, ma lasciate intatto il Miserere! Non la lancia o il lampione, non il labaro o le mille croci di ogni forgia e misura, il Miserere mi ha cambiato! Il Miserere mi ha salvato. Mia moglie già lo sa, ma ora lo dico a tutti, se dovessi morire per strada o in piazza, sul sagrato o in un negozio, fatemi la carità di ripetere (non voglio sentire altro nell'ultimo istante in questo mondo): "Misererò mei Deus secundum magnam misericordiam tuam". E così sia. 

domenica 18 marzo 2012

PELLEGRINAGGIO ALLA TOMBA DI CASANOCILLO – IL PROGRAMMA

Domenica 25 marzo alle ore 15,30,  toccante  pellegrinaggio ( Via Crucis) alla Tomba di Casanocillo, luogo dove sono sepolti molti nostri fratelli colpiti dalle pestilenze dei secoli scorsi.

L'appuntamento è fissato per le ore 15,00 presso la " Trattoria Compagna" da dove alle ore 15,30 avrà inizio il cammino di preghiera e di meditazione ad ogni stazione per concludersi davanti alla tomba dove è incisa una preghiera per ricordare quei nostri sfortunati fratelli.

LA PROCESSIONE NEGLI OCCHI DI UN BAMBINO–dall’opuscolo 1997

100_1968Nove anni. Forse, dieci. Francesco era poco più di un bambino. Era il 1976. Francesco non lo sapeva ancora. Non lo immaginava neppure. Ma quello sarebbe stato per lui l'ultimo anno da spettatore. Si, non avrebbe più assistito in seguito alla mesta, ma imponente, sfilata degli incappucciati neri della Morte e Orazione, la sera del Venerdì Santo, su un Corso Italia che affogava fra due ali di una folla immensa, da far paura. E lui affacciato, dal terrazzo antico di un palazzo appartenuto in passato a qualche nobile ora decaduto, il cui nome forse si era addirittura estinto. Lui era li, come ogni anno, ad aspettare il passaggio della processione nera del Cristo morto. La processione, per eccellenza. A Piano di Sorrento. Era sempre stata un evento, per Francesco, la processione. E non riusciva a spiegarselo. Nei suoi primi anni di spettatore aveva paura di quegli uomini senza volto, tutti neri, che camminavano in un ordine surreale in file interminabili. Come quando a scuola gli dicevano di mettersi in fila per due, tenendo per mano il compagno di banco. Poi piano piano il suo amore per quell'evento cresceva e forse lui non se ne accorgeva nemmeno. Il futuro stava entrando dentro di lui, ancor prima che accadesse. Quell'anno, sembrava un anno come tutti gli altri. Con la mamma e il fratellino era andato a casa della zia per centellinare, gustare il sapore di un rito tutto suo. Prima la televisione, con l'inizio della Via Crucis officiata dal Papa, quell'anno era Paolo VI, poi la tanto desiderata tazza di cioccolata preparata da zia Rita con il prezioso, ai suoi occhi, segreto per farla densa. Infine la processione. E lui impaurito si affacciava pochi minuti prima del passaggio. Uno spettacolo impressionante. Migliaia di teste che si accalcavano su una strada misteriosamente vuota, senza macchine. Un'autentica magia, impaurito si affacciò. Da lontano sentì le prime note del Miserere. Le sentì diverse. Rapito, stordito da quel frastuono simile a un lamento, che ricordava la Morte di un Innocente, non fece caso nemmeno a quel dubbio che lo assillava da anni. Perché i tamburi, ogni volta che li vedeva passare, non suonavano? Ma lui non ci fece caso, appunto. Improvvisamente sentì l'angoscia di assistere a quell'evento. Avrebbe voluto partecipare anche lui. Ma era possibile? Quegli incappucciati erano esseri umani? Avrebbero consentito a lui, poco più di un bambino, di fare la processione? Da allora fu quella la unica, nuova domanda che lo assillò. Certo, gli sarebbe dispiaciuto non andare più dalla zia. Ma non poteva più resistere a quel richiamo. Ora però doveva aspettare un anno. Nel frattempo si sarebbe preparato. A scuola, parlando con i compagni, scoprì che alla processione nera potevano partecipare anche i bambini grandi come lui. Ma era difficile prendere la veste. Non solo. In processione c'erano degli uomini cattivi con una mazza in mano. Simili ai maestri che ti chiedevano se avevi fatto o no i compili. E più cattivi, gli spiegarono, erano due omoni con i baffi, forse due gemelli, che si chiamavano Rosario e Ferdinando. Ma lui non si perse d'animo. Oramai stava iniziando a capire e non poteva tirarsi indietro. Quando aveva chiesto a casa come fare per andare alla processione i genitori gli avevano risposto di non preoccuparsi, che c'era zio Mario, un altro uomo cattivo con la mazza, che lo avrebbe accompagnato a prendere l'ambita veste. E venne cosi il grande giorno. Un anno dopo. Insieme a zio Mario andò nella sala del Monte, come veniva chiamala. Aveva paura. Appena entrò vide tante persone che si rivolgevano a un signore che chiamavano Giosuè. Un altro signore, con i capelli bianchi, lunghi come li portano le donne, era seduto dietro a una scrivania. Poi scese giù in altra sala. Dove distribuivano le vesti. Gliela misurarono proprio Rosario e Ferdinando, mentre un signore piccolo, chiamato il professore, gli infilò in testa, improvvisamente, un cappuccio. Era fatta. Ora doveva aspettare solo il grande momento. Mancavano due settimane. Per il Venerdì Santo del 1977. Quell'anno, cambiò zia. Andò a dormire da lei, per poi andare insieme al cugino più grande e a un amico di classe alla processione della notte. Non dormì affatto. A mezzanotte in punto si alzò dal letto e si vestì secondo le indicazioni contenute in un biglietto rosso: scarpe e calzini neri. indumenti scuri. All'ingresso del cancello, prima del viale che portava alla sala del Monte, il signore piccolo che gli aveva misurato il cappuccio controllò che si fosse vestito come diceva il biglietto rosso. Entrò e iniziò a cacciare la veste dalla busta di plastica, dove sua mamma l'aveva riposta dopo averla stirata e piegata. Un signore gli allacciò il cordone con nodo stranissimo e complicato, che in futuro si sarebbe categoricamente rifiutato di imparare. I minuti passavano e venne il momento di mettersi in fila. Voleva, come tutti gli altri ragazzini della sua età, il lampione. E gli capitò proprio un lampione per la sua prima processione. L'evento al quale aveva assistito in passato era suo. Non più un sogno. E quando un uomo cattivo, in piena notte, in piena processione, gli diede un colpo alle gambe con quella mazza che veniva freneticamente battuta per terra, pianse. Il futuro stava entrando dentro di Lui.

CASANOCILLO 2012 – PASSI NELLA STORIA

(dal blog della Congrega dei Luigini)

Si rinnova l'appuntamento con la fede e con la preghiera domenica 25 marzo 2012. Le Confraternite del Piano si recano in pellegrinaggio nella selva di Santa Caterina in località Casancillo.

La selva si estende per circa due ettari nella zona di Lavinola e, pur risentendo negativamente di un forte degrado ambientale per l’abbandono e lo stato d’incuria in cui molti appezzamenti di terreno sono lasciati così come il vallone che attraversa il territorio, conserva ancora il fascino dell’ambiente montano con i suoi caratteristici alberi di castagno. La Via Crucis che qui si svolge si conclude come da tradizione alla tomba di Casanocillo, eretta nel 1887 dai Comuni della Penisola Sorrentina a ricordo degli appestati morti nelle epidemie che si susseguirono in Penisola nell’arco dell’Ottocento. Si ritornerà, dunque, sulle orme del passato per una riflessione storico-antropologica e religiosa. Come sempre a perenne ricordo, riportiamo l'iscrizione della Lapide sulla Tomba di Casanocillo: 

D.O.M. (Deo optimo maximo)

QUI NEL CIMITERO SENZA POMPA DI MARMI 

E SALICI PIANGENTI ALL'OMBRA TACITURNA OSCURA SELVA

ACCOGLIE SOTTERRA LE INCENERITE OSSA 

DE' COLPITI DAL FULMINEO MORBO ASIATICO 

NEL 1836 '37 '54 '66 

CHE LA CARA MEMORIA RESTASSE NEL CUORE

DE' FRATELLI INDELEBILMENTE SCOLPITA 

LA CITTADINANZA DE' COMUNI DI 

PIANO DI SORRENTO META E S.AGNELLO 

SOSTENUTA DA RELIGIOSO E PATRIO AMORE 

QUESTO MARMO POSE 

XXX MAGGIO MDCCCLXXXVII 

Lunedì sera 19 marzo e giovedì sera 22 marzo  è possibile ritirare presso i locali dell'Oratorio di San Nicola, la veste bianca per partecipare al rito.

CORPUS DOMINI 2018